La potatura dell’oliveto: perché l’olivo va potato
Dopo la concimazione, l’olivo ha bisogno di essere potato. L’olivo produce i frutti sui rami che hanno due anni. I rami nuovi a frutto nascono sempre sulla parte più vicina al tronco: i rami nuovi capaci di fare frutto nascono sempre sulla parte più vicina al tronco. Poche parole per guidare tutti i tagli operati sulla pianta, tagli necessari alla sua vitalità e compiuti nel momento opportuno.
I tipi di potatura sono due. La prima è la potatura di riforma o di allevamento
Si utilizza per dare forma ad una pianta giovane o per gestire una pianta le cui dimensioni vengono ridotte. Ridurre le dimensione di un albero d’olivo significa lavorare con maggiore sicurezza e velocità, utilizzando mezzi meccanici, sia pure in modo limitato data la natura del terreno. C’è voluto l’impegno della Regione Liguria e delle associazioni di categoria per giungere ai risultati attuali. Le due forme di allevamento più diffuse sono il vaso ed il vaso policono. In pratica vengono individuate tre o quattro branche principali da cui si svilupperà la chioma, che avrà così un aspetto equilibrato ed armonioso. In questo caso bisogna sempre favorire la circolazione dell’aria all’interno della chioma, far in modo di aver una prevalenza della chioma sulla parte legnosa e che la chioma stessa abbia la massima esposizione alla luce solare e quindi all’irraggiamento. Meno legno c’è, in ogni caso, più si nutre la fronda produttiva con il concime fornito.
La seconda è la potatura di mantenimento o di produzione
In questo caso si cerca di mantenere equilibro tra l’attività vegetativa e quella di produzione a frutto. Si eliminano tutti i rami secchi, i rami che vanno a orientarsi verso l’ interno della chioma e quelli con andamento verticale a vigore vegetativo (polloni) nonché quelli verso l’apice del ramo, dato che vanno esaurendo la capacità produttiva. Soprattutto i polloni sottraggono nutrimento alla pianta, senza produrre poi frutto. Si staccano facilmente anche con un colpo di gancio alla base. Tale intervento deve essere effettuato con regolarità: in questo modo la produzione di olive sarà piuttosto costante.
Quando potare ?
Non si può definire a priori l’epoca migliore per potare. Ci sono regole generali, dettate anche dal buon senso: non effettuare grandi tagli a ridosso del rischio di gelate. Evitare poi i periodi di grande caldo, la fine estate o il caldo umido, tutti fattori stressanti per la pianta, così esposta a pericolose patologie.
Cosa abbiamo fatto nell’oliveto della DOP Riviera Ligure ?
Abbiamo compiuto un taglio di produzione. Sono piante già riformate alcuni anni fa ad un’altezza altezza media intorno ai 2,5 – 3 metri. La forma definita è a vaso. Il potatore esperto ha eliminato i pollini, i giovani rami in soprannumero, i rami secchi ed il taglio di ritorno sulla parte terminale dei rami stessi. I tagli sono stati effettuati con motosega di ridotte dimensioni molto maneggevole (lama 25, carving), forbici da potature e un seghetto a mano. Il lavoro è durato tre giornate.
E i residui di potatura ?
Il materiale ottenuto dalla potatura (rami e fogliame) è stato disposto nel centro delle fasce in modo da poterci passare sopra con un piccolo trattore dotato di un trincia. Si tratta di uno strumento che tritura tutte le parti legnose della pianta. Non è però sempre così facile: nella maggior parte dei casi le fasce ovvero i terrazzamenti sono cosi strette ed acclivi che questa operazione non si può effettuare. L’olivicoltore deve comporre piccoli mucchi di rami (i “brotti”) e li brucia. Si tratta di un’operazione in cui è necessario porre massima attenzione. Bisogna lavorare il mattino presto, più che la sera tardi. I mucchi devono essere piccoli, alimentati con attenzione e sorvegliati. Ci si deve attenere alle regole legate alla prevenzione degli incendi. Non si può bruciare durante i periodi in cui viene dichiarato lo stato di grave pericolosità per gli incendi. Se si è a ridosso di boschi o case (meno 100 m) è necessario provvedersi di idoneo permesso presso la Guardia Forestale.
Le regole di base per la potatura e le piante da frutto in generale
I tagli devono essere netti senza slabbrature della corteccia (quindi bisogna usare attrezzi ben affilati). Quanto si taglia un ramo, non si deve andare a filo tronco, ma si deve lasciare il collare, cioè l’ingrossamento posto all’inserzione tra tronco e ramo (in questo modo si ha la massima capacità di cicatrizzazione della ferita da parte della pianta). In caso di ridimensionamento della pianta bisogna effettuare tanti piccoli tagli: si è sempre in tempo ad intervenire per ridurre ulteriormente lo sviluppo della chioma con provvedimenti successivi. È meglio evitare di lasciare moncherini di ramo, è invece meglio lasciare apici che consentano una veloce ripresa vegetativa.
L’impiego del rame…
Al termine di ogni potatura, gli alberi possono essere irrorati con un composto a base di rame. Nel caso del nostro oliveto abbiamo utilizzato ossicloruro di rame, sciolto in acqua e irrorato sulle piante con un atomizzatore. Il rame viene assorbito attraverso le foglie, essendo un microelemento. Nel caso dell’ossicloruro si dispone di un composto meno tossico del solfato di rame. In ogni caso è ammesso in agricoltura biologica. Il rame ha una spiccata azione anticrittogamica. Appare efficace contro micosi e batteri. Nel caso dell’olivo è utile per malattie come l’occhio di pavone (evidente sulle foglie) e la rogna. Quest’ultima si manifesta con abnormi escrescenze sui rami, che tendono poi a seccare.
Azioni |
Costi (al netto dell’IVA) |
Potatura e predisposizione ramaglia, 5 giornate |
500,00 |
Smaltimento residui di potatura (due giornate e due ore) |
220,00 |
TOTALE (AL NETTO DELL’IVA) |
720,00
|
E una volta ? Osservando il “bosco di olive” in Liguria si potrà notare che ci sono ancora piante molto molto alte. Non sono solo piante abbandonate. Sono piante non riformate, tenute “al modo antico”. Fino a meno di trent’anni fa la gestione dell’olivo era compiuto in relazione all’altezza: si pensava che più una pianta fosse alta e grande, più avrebbe prodotto frutto. Si badava alla quantità e non alla qualità. Era una legge non scritta. La pianta alta però consuma concime e costringe a pericolose scalate ai tempi della raccolta. Non si presta neanche alla bacchiatura con strumenti meccanici. Di fatto era ed è pericolosa. Ogni anno c’era chi perdeva la vita o si procurava danni irreversibili per questa pratica colturale. Con l’impegno della Regione Liguria e molte ore di educazione degli olivicoltori è stato possibile superare la tradizione. Memorabili in questo senso le “giornate olivicole di Lucinasco”, in valle Impero. Nel passato la potatura o rimondatura si configurava sempre come un’arte, in cui erano necessari strumenti a mano da utilizzare con abilità: piccole accette leggere forgiate da leggendari fabbri, seghetti e ganci immanicati. Dei rami secchi, racconta Lucetto Ramella, “se ne salvava qualche fascio: ben secchi, sarebbero serviti in cucina per avviare il fuoco o cuocere cibi di pronta cottura. Spesso giungevano dalla zona marittima pescatori che ne riempivano carretti a mano. Servivano per bollire nei paioli la corteccia di pino insieme ad acqua. Vi immergevano le reti per renderle più resistenti”. Oggi, in alcune aree, i rami più belli sono invece venduti come verde ornamentale sul mercato floricolo. Nel passato, in caso di carestie, cattivo raccolto e conflitti, il taglio della legna di olivo, ad alto potere calorifero, era la misura estrema per la sopravvivenza di una famiglia.