Nelle scorse settimane abbiamo provveduto a prelevare un campione di terreno nell’oliveto dimostrativo, al fine di determinare qual è lo stato del suolo e quali sono le sue principali caratteristiche fisiche e chimiche. Si intende individuare gli elementi nutritivi e definire altri indicatori. Il campione prelevato è stato inviato al Laboratorio Regionale Analisi Terreni e siamo in attesa di conoscere gli esiti. In questi giorni di “calma da maltempo” abbiamo focalizzato l’attenzione sull’importanza di conoscere le principali accortezze da seguire per eseguire un campionamento: in altre parole, definire il “come si fa”.
Conoscere i principali parametri del suolo ci consente di programmare e impostare un corretto piano di gestione, a partire dalla concimazione e dalla conduzione del suolo (inerbito piuttosto che lavorato…ovviamente dove possibile). La fertilità di un terreno è espressione sia del suo contenuto in elementi nutritivi (in tutto sono 17 quelli di maggiore interesse, a cominciare dai tre macroelementi ovvero azoto, fosforo e potassio), sia numerose altre caratteristiche chimiche e fisiche che caratterizzano il terreno (roccia madre, sostanza organica, disposizione delle particelle di terreno e loro dimensione…) e della componente vivente che nel suolo vive e prolifera (batteri, funghi, insetti, piccoli animali e altri).
Il campione di terreno deve essere il più possibile rappresentativo delle proprietà dell’intera superficie di intervento ed è quindi necessario considerare diversi fattori.
Ogni quanto prelevare? Data la relativa stabilità del suolo olivicolo, sarà sufficiente ripetere l’analisi almeno ogni tre anni.
Il secondo fattore è legato al numero di campioni da prelevare, connesso alla dimensione ma soprattutto all’omogeneità dell’oliveto: nel caso di oliveti con dimensioni fino a 1.000 m2 e omogeneità interna (esposizione, matrice litologica, lavorazioni) potrà essere sufficiente un solo campione mentre per dimensioni superiori o in condizioni di disomogeneità si potranno prelevare più campioni, in funzione delle necessità.
I punti di prelievo devono comunque essere parecchi: a solo scopo indicativo, per una superficie di 1.000 m2 possono essere sufficienti 5 punti di prelievo dei campioni elementari, ovvero si procede al prelievo da 5 punti diversi nell’ambito dell’oliveto, evitando eventuali aree anomale (con roccia affiorante, accumuli di acqua o concimi, ecc.). Appare importante mescolare i subcampioni in modo tale da ottenere un unico campione.
I punti di prelievo devono essere opportunamente distribuiti nell’appezzamento, secondo uno schema che può essere non sistematico (ad esempio a “W” o a “X”) o sistematico (suddividendo il terreno in una immaginaria griglia); il primo tipo di schema può essere tranquillamente usato nelle nostre realtà.
A questo punto è fondamentale capire a quale profondità scendere: bisogna procedere eliminando i primi centimetri di suolo (compresa la vegetazione erbacea) e poi arrivare alla profondità di lavorazione prevista o a quella nelle quali è compresa la maggior parte delle radici; nel caso dell’olivo significa arrivare a circa 40-50 cm di profondità. Il terreno prelevato con la trivella o la vanga va posizionato in un sacchetto in materiale plastico e si dovrà apporre un’etichetta che indichi, almeno, il nome della località di prelievo e la data di esecuzione.