La Liguria ha la fortuna di essere una tra le regioni olivicole più note ai consumatori. Ma la sua fortuna, si sa, non è frutto del caso: la si è costruita in anni e anni di laboriose fatiche. Onore al merito, dunque. Tanto più che sul piano dei numeri la Liguria oliandola incide pochissimo. Rappresenta un esiguo 0,8 per cento, che, al confronto con la produzione nazionale, è proprio poca cosa. Tutti, però, pronunciando il nome Liguria lo associano immancabilmente all’olio ottenuto con le arcinote olive Taggiasca. Il motivo di un così imponente successo è dovuto sicuramente alla grande e vincente tradizione commerciale, finora ineguagliata. L’olivicoltura, favorita da un clima temperato dalle brezze marine, può vantare una tradizione secolare. La cultivar Taggiasca, introdotta con successo dai Benedettini, è la regina delle olive, visto che domina gran parte dei quasi 15 mila ettari di olivi; ma vi sono altre varietà che non sono certo da meno, dalla Razzola alla Pignola, e altre ancora, i cui oli esprimono una piacevole rotondità e delicatezza. E così, nei circa 150 frantoi attivi nelle quattro province, è possibile distinguere le tre diverse anime del territorio, evidenziate a partire dalla stessa denominazione di origine protetta a marchio “Riviera Ligure”, con le menzioni geografiche aggiuntive di “Riviera dei Fiori”, per la provincia di Imperia, con oli morbidi e suadenti, espressione, qui, del predominio pressoché assoluto dell’oliva Taggiasca; “Riviera del Ponente Savonese”, con oli dal leggero profumo fruttato, fini e complessi, mandorlati e dal gusto vegetale, ricavati in gran parte da olive Taggiasca, ma anche da Mortina, Colombina e altre varietà; e “Riviera di Levante”, infine, per le province di Genova e La Spezia, con oli da olive Lavagnina (alter ego della Taggiasca), Razzola, Rossese, Lantesca, Olivastrone, decisamente più fruttati e sapidi, comunque delicati, seppure dalle accentuate punte di piccante in chiusura.